lunedì 26 gennaio 2015

Donne mie, Dacia Maraini

"Donne mie illudenti e illuse che frequentate le università liberali,
imparate latino, greco, storia, matematica, filosofia;
 nessuno però vi insegna ad essere orgogliose, sicure, feroci, impavide.
 A che vi serve la storia se vi insegna che il soggetto 
unto e bisunto dall’olio di Dio è l’uomo
 e la donna è l’oggetto passivo di tutti
 i tempi? 
A che vi serve il latino e il greco 
se poi piantate tutto in asso per andare 
a servire quell’unico marito adorato che ha bisogno di voi come di una mamma?
Donne mie impaurite di apparire poco femminili, 
subendo le minacce ricattatorie dei vostri uomini, 
donne che rifuggite da ogni rivendicazione per fiacchezza di cuore 
e stoltezza ereditaria e bontà candida e onesta. 
Preferirei morire piuttosto che chiedere a voce alta i vostri diritti calpestati mille volte sotto le scarpe.
Donne mie che siete pigre, angosciate, impaurite,
sappiate che se volete diventare persone e non oggetti, 
dovete fare subito una guerra dolorosa e gioiosa,
non contro gli uomini, ma contro voi stesse che vi cavate gli occhi con le dita per non vedere le ingiustizie che vi fanno. 
Una guerra grandiosa contro chi
vi considera delle nemiche, delle rivali,
degli oggetti altrui; contro chi vi ingiuria
tutti i giorni senza neanche saperlo,
contro chi vi tradisce senza volerlo,
contro l’idolo donna che vi guarda seducente
da una cornice di rose sfatte ogni mattina
e vi fa mutilate e perse prima ancora di nascere,
scintillanti di collane, ma prive di braccia,
di gambe, di bocca, di cuore, possedendo per bagaglio
solo un amore teso, lungo, abbacinato e doveroso
(il dovere di amare ti fa odiare l’amore, lo so)
un’ amore senza scelte, istintivo e brutale.
Da questo amore appiccicoso e celeste dobbiamo uscire
donne mie, stringendoci fra noi per solidarietà
di intenti, libere infine di essere noi
intere, forti, sicure, donne senza paura."

Dacia Maraini, 1974